a cura di Paolo Biscottini e Don Franco Patruno
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Guido Lodigiani | Scultore
MARIA MADRE DELLA CHIESA Buccinasco (MI) | Chiesa Parrocchiale
 

A Maria Madre della Chiesa è dedicata la chiesa di Buccinasco, in cui si colloca l’arredo liturgico realizzato da Guido Lodigiani.
L’iconografia proposta sembra riflettere sul tema della mediazione di Cristo, in cui la dimensione trinitaria si congiunge a quella umana.
La salvezza che Gesù ottiene all’uomo è l’ammissione alla vita divina nella comunione con il Padre nello Spirito Santo.
La partecipazione di Maria al progetto del Figlio non può essere dunque colta se non in questa medesima prospettiva: Maria è la madre che accompagna nell’amore l’intera vicenda del Signore fra noi. La dimensione trinitaria della mediazione del Figlio e della partecipazione della madre è opera dello Spirito Santo, così come tutta la storia del popolo di Dio trova vigore nell’intervento e nella presenza dello Spirito di Dio.
Maria vive pienamente nella Trinità e grazie a questa presenza viva nel mistero entra nella storia dell’uomo e partecipa all’opera di Dio. Nella chiesa di Buccinasco il progetto iconografico si svolge dunque lungo questo asse meditativo che propone innanzi tutto l’icona del Cristo crocifisso sul fondo della chiesa, al centro dell’abside.
Il legno della croce, ma soprattutto la riflessione sull’azione salvifica del Cristo, suggeriscono allo scultore lo sviluppo di due rivoli
(il sangue e l’acqua), che vanno a raccordarsi con la mensa eucaristica. Entrando, al fedele si presenta dunque la visione spettacolare del crocifisso ai piedi della mensa, secondo una prospettiva pedagogica che vuole evidenziare come l’altare sia luogo in cui si rinnova quel sangue e quell’acqua nella presenza reale dell’Eucarestia.
L’altare, detto dunque della Pentecoste, è sostenuto da un complesso gruppo scultoreo che appunto rappresenta il tema dello Spirito Santo che discende sugli Apostoli, fra i quali si scorge in primo piano Maria.
L’ambone propone blocchi di marmo di forma semicircolare, sgrossati a subbia, che rinnovano il tema della pietra sepolcrale.
Al centro un vuoto che consente l’uscita di germogli della natura e di fiori a rinnovare il senso della rinascita nella lettura e nell’ascolto della Parola.
La sobrietà e la povertà dell’architettura danno all’intervento di Lodigiani una particolare enfasi, ma ne consentono una percezione silenziosa: la scultura vive nello spazio e lo spazio è trasformato dalla scultura.
Non compete evidentemente a chi scrive una riflessione di tipo liturgico, ma sotto il profilo artistico non si può non cogliere la novità di un programma tanto intenso spiritualmente, quanto forte nella sua organicità.
E se pensiamo sia lecito interrogarsi sulla dimensione monumentale e scultorea dell’altare, pure, considerando il minimalismo di tante proposte, non si può non considerare con interesse una soluzione tanto coraggiosa ed eloquente, che tenta di penetrare il mistero dell’iconografia cristiana, senza rinunciare al linguaggio dell’arte che invita ad una sacra conversazione e ad una sacra celebrazione.

Tutto ciò sembra andare nella direzione indicata quarant’anni fa da Paolo VI agli artisti, quando il 7 maggio del 1964, giorno dell’Ascensione, diceva loro: «… Voi, infatti, avete quella prerogativa che, rendendo accessibile e comprensibile il mondo dello spirito, ne preserva il carattere ineffabile e trascendente, l’alone di mistero… e se noi veniamo privati del vostro concorso, il nostro ministero diventa balbuziente, esitante…» E nella stessa omelia aggiungeva: «… vi saremo riconoscenti d’interpretare ciò che avrete da esprimere, di venire ad attingere presso di noi il motivo, il tema e alle volte più che il tema, quel fluido segreto che si chiama ispirazione, grazia, carisma dell’arte.»

Se si è convinti della necessità dell’arte per la Chiesa, bisogna accogliere positivamente i suoi sforzi per entrarvi col proprio linguaggio e la sua ricerca interpretativa, perché rileggendo la Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti: «ogni forma autentica d’arte è, a suo modo, una via d’accesso alla realtà più profonda dell’uomo e del mondo.» E davvero questo complesso iconografico, su cui il tempo si pronuncerà, sembra dischiudersi, per le ragioni avanzate in apertura, alla meditazione del tema di Maria Madre della Chiesa.
Ma già oggi ne percepiamo il senso e, insieme, la dimensione artistica, che se da un lato rinvia alla poetica “testoriana”, dall’altro continua a trarre alimento dall’intuizione di Arturo Martini nei confronti di una forma che, plasmando lo spazio, vive soprattutto della propria interiore consistenza. Ma è a Giovanni Testori, lungamente frequentato negli anni della formazione, che ripensa Lodigiani nella predilezione per la figura e per la sua lacerazione. Di qui scaturisce il senso effusivo della sua scultura, ma ancor più l’idea che nell’arte consista il mistero dell’esistenza e che esso non possa non dirsi sacro.

Paolo Biscottini
In “Consacrazione della Chiesa Maria Madre della Chiesa di Buccinasco”, Diocesi di Milano, Milano, 2004.

 


 

IL PELLEGRINAGGIO VERSO UN FONDAMENTO

(…)Lodigiani non appartiene certo a quell’area di artisti che accondiscendono alla facile catechesi, spesso oleografica e di un didatticismo che si consuma nell’attimo del vedere. Ha coscienza di una tradizione altra, quella che s’esprimeva intorno al San Fedele negli anni Cinquanta, quando Lucio Fontana, ma pure il miglior Minguzzi che ho conosciuto, trovavano spazio per un’arte sacra che non fosse di pura decantazione. Era tale, e sono debitore a Pareyson, non nonostante il soggetto da realizzare, ma in virtù di quello.
Certo, la presunta “laicità” delle avanguardie non era profanità o perdita di una soggettività senza personalità dell’io. Guido Lodigiani delinea ulteriormente la sua esperienza non meramente sacrale, ma liturgica, ecclesiale, percorso da vivere e riattualizzare. L’ellissi della tensione, espressa e compressa dalla lastra dell’altare, inclina necessariamente verso la Croce.(…)

Don Franco Patruno
In “Consacrazione della chiesa Maria Madre della Chiesa Buccinasco”, Diocesi di Milano, Milano, 2004.

 


 

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