a cura di Paolo Biscottini
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Guido Lodigiani | Scultore
CAPPELLA DI SAN PIETRO MARTIRE Seveso (MB) | Seminario Arcivescovile di Milano
 

(‘) Il Prologo del Vangelo secondo Giovanni ci introduce nella grande aula della Cappella di San Pietro Martire del Seminario di Seveso dove dal 1998, lungo pareti di raggelante candore, si aprono cinque grandi finestre sulla sinistra, verso il chiostro, e quattro verso l’esterno del Seminario. Si tratta di grandi vetrate colorate con le quali Guido Lodigiani ha inteso rappresentare l’immagine di Giovanni: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, e la luce nelle tenebre brilla e le tenebre non la compresero” (Giovanni, 1,4-5). Il tema della natura, considerata nei suoi elementi e soprattutto in rapporto al cielo e alla luce, si dispiega nelle grandi vetrate in un itinerario simbolico fra il fonte battesimale, significativamente posto all’ingresso, e la grande Crocefissione dipinta dal Cerano. Sulla sinistra e cioè lungo il lato interno della cappella – quello che si affaccia sul chiostro del Seminario – prevale il tema di una natura rigogliosa, dove la pressione della terra è riscattata del prevalere del verde dei prati e del colore dei fiori. Un cielo inizialmente cupo, va invece aumentando il suo chiarore e anche la sua vastità verso il presbiterio, mentre un rivolo di sangue, simbolica prosecuzione del sangue di Cristo sulla croce del Cerano (XVII secolo), collega fra loro idealmente le vetrate intrecciandosi a un rivolo d’acqua che, ancora simbolicamente, sgorga dal fonte battesimale: dal sangue di Cristo, come dall’acqua del fonte battesimale, la vita, la vera vita, rinasce. (‘)
Pare che Lodigiani abbia voluto intonare il proprio registro a quello della Crocefissione del Cerano, quasi cercando un identico livello sonoro per mantenere egualmente alto il senso di un dolore e di un mistero che nella tela vivono di pietà e silenzio. (‘) Il contrasto è una scelta consapevole di Lodigiani tendente a stabilire un rapporto inedito fra l’antico e la contemporaneità, là dove questa è anche quella dei giovani che entrano in seminario provenendo da un mondo tenebroso e inquieto, denso di contraddizioni e di lacerazioni, che preme ancora, di là dalle vetrate di destra. (‘).
È ancora il Vangelo di Giovanni della resurrezione (20,1-8) a guidarci verso l’ambone “ luogo della Parola “ individuando il momento, l’istante in cui l’uomo esce dal buio e crede. L’artista rilegge il brano di Giovanni e la sua raffigurazione scava nel marmo la figura greve e densa di umanità del discepolo che, entrato nel sepolcro, “vide e credette”. Il suo sguardo è anche quello dell’artista e di ogni uomo. Il tema dell’annuncio, allora, si lega strettamente a quello della conversione e, quindi, del mandato sacerdotale.

Lodigiani privilegia una figurazione sommessa, povera, che riecheggia un primitivismo sostanzialmente estraneo all’arte sacra attuale, orientata verso scelte astratto-simboliche o decisamente mimetica in quella figurativa.
Lodigiani si pone invece isolatamente, lungo sentieri tardo-romantici ai quali pare ispirarsi la rappresentazione di un’umanità affaticata dal proprio stesso peso e nel contempo capace di accogliere in sé, forse prima ancora di averne coscienza, il mistero pasquale che la grande tela del Cerano annuncia. (‘)
Il tema dell’ambone va considerato in stretta relazione con quello della mensa eucaristica, dove la fede cristiana celebra l’incontro con Cristo, presenza reale nell’Eucarestia, e dove il sacerdote rinnova la promessa di Gesù: “Chi accoglie colui che avrò mandato, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato” (Giovanni, 13,20).
Il tema scultoreo sulle quattro facce dell’altare ricalca il tema della pesca miracolosa (‘), qui la materia pare distendersi o raggrumarsi per un’indagine dell’umano sentire, riecheggiata nel dialogo tra Gesù e Pietro nel Vangelo secondo Giovanni: “Mi ami tu?”. (‘) Tutto il ciclo iconografico della cappella del Seminario di Seveso illustra il mandato pastorale e il mistero della chiamata personale che Cristo fa ad ogni uomo. (‘) All’interno di tale dinamismo, spaziale e temporale, Lodigiani ha collocato una scultura in bronzo policromo dedicata a Maria Vergine che, inginocchiata su un lembo di terra che vorrebbe alludere al Calvario, guarda intensamente il Cristo del Cerano, mentre con il gesto delle mani pare indicare l’assemblea, forse anche a congiungerla al Cristo, del quale si pone come tramite corporale e mediazione spirituale.

Abstract da:
Il rischio della contemporaneità. Note sulla ristrutturazione della Cappella del Seminario di San Pietro Martire a Seveso. In “AA.VV., Antico e Nuovo. Il Seminario di San Pietro Martire in Seveso”, Lyasis edizioni, Milano, 1999, pp. 152-157.

 

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